Mora d’Armenia

Iraida, una giovane donna di origine armena, è nella sua cameretta d’infanzia, adornata di peluches e burattini, è molto inquieta perchè deve fare una scelta. Non ha modelli femminili di riferimento, la sua famiglia infatti è composta da soli uomini. Ha, però, molta fantasia quindi si trasforma in due donne, che non sono altro che parti di lei, che la condurranno al suo destino.

La prima donna è Linda che ha 50 anni, è romantica, sognatrice e racconta la sua storia di donna-mamma. La sua vita sembra perfetta, due figli, un cane, un marito bellissimo e una grande casa. La realtà è, però, ben diversa da come appare. Durante il suo racconto emerge la sua infelicità e la sua voglia di scappare e cambiare vita.

La seconda donna è Patrizia, ha 43 anni ed è una donna d’affari apparentemente fredda, esuberante, ricca e potente. Lei al contrario di Linda non ha alcun rimpianto ed è felice, non ha figli, non si è mai fatta vedere con un uomo al punto che la sua famiglia pensa che sia lesbica. Nel corso della sua storia si scopre che in realtà ha un cuore grande e vuole solo vivere a pieno la sua esistenza.

Una volta che le due donne hanno completato la loro transizione torna in scena Iraida e finisce di raccontare la sua storia esplicando i suoi dubbi, le sue paure e i suoi sogni. Si domanda cosa sia giusto fare se reprimere la sua vera natura oppure abbandonare il padre troppo severo e vincere il gioco più bello di tutti che è la sua vita.

Mora d’Armenia è uno spettacolo che mira ad evidenziare gli stereotipi legati al genere cercando di contestualizzarli e dar loro un nome proprio di donna, creando una storia diversa per ognuna, con l’intento di farle emergere, “uscire” dalla stereotipizzazione fatta dalla società, premiando l’individualismo e tutte tre le donne riusciranno a sconfiggerlo modificando il loro destino.

Il primo stereotipo è identificato con Linda, nonostante le cose siano cambiate rispetto al passato ancora oggi lo stereotipo della “donna domestica” persiste, le viene attribuito il ruolo di madre e moglie, generalmente è romantica. Lo stereotipo tradizionale quindi propone una donna che si realizza nella sfera privata e che ha un ruolo subordinato rispetto all’uomo. In questo caso, però, Linda esce dallo stereotipo rimboccandosi le maniche e prendendo in mano la sua vita, si inventa un lavoro, cambia città e supera lo stereotipo di “donna debole”.

Il secondo è quello della “donna manager” e prende il volto di Patrizia che sin da giovane fa delle scelte difficili che la portano ad affrontare una vita solitaria, con l’obiettivo di incrementare il suo patrimonio finanziario, ce la fa ma è vista dalla società come fredda, distaccata, potente. La donna anafettiva qui si discosta dal suo stereotipo in quanto decide di sposare un uomo, per giunta più giovane, nonostante quello che potrebbe dire la gente.

Il terzo e ultimo è il meno conosciuto, anche se negli ultimi anni si sta diffondendo molto in Italia, ossia quello della donna immigrata, anche a lei affidati ruoli di cura e accudimento come tradizione vuole, in questo caso di seconda generazione e vive un po’ ai margini della società, se sente sempre fuori posto, non è mai pienamente se stessa nè tra le mura domestiche, nè tra le altre persone: si sente Italiana, molti italiani non la considerano tale e si ritrova a vivere situazioni “razziste” più o meno forti legate al suo cognome. Anche a fronte di questo Iraida decide di scappare dalla sua famiglia quindi di “abbandonare” il suo paese di origine per abbracciare totalmente cultura e tradizione del paese in cui è nata e ha vissuto e che ama, con la consapevolezza che se non avesse fatto questa scelta non sarebbe mai potuta diventare quello che desiderava.

Il titolo dello spettacolo richiama ad una pianta tipica del territorio Armeno, è un cespuglio con fusti rigogliosi verdastri brillanti con alcuni dettagli rossi marcati e robuste spine. La peculiarità di questa pianta è la sua competitività, infatti forma grandi e densi ammassi che ombreggiano il suolo e impediscono la crescita dei parassiti. Iraida, dal canto suo, ha sviluppato una forte resilienza che le permette di non curarsi di tutto ciò che la ostacola, piuttosto di farne un punto di forza; in tal modo emerge una netta analogia tra la pianta e la protagonista stessa.